venerdì 21 dicembre 2012

LE SFIDE DELLA MEDIAZIONE: PROFESSIONALITA' ED OBBLIGATORIETA'

Il I° Forum europeo dei Mediatori svoltosi a Roma martedì 18 dicembre 2012, è stato un importante momento di confronto con le esperienze di mediazione europee ed un utile tavola di dialogo tra le principali categorie coinvolte dall’imponente riforma della giustizia in atto oggi in Italia.

Due, a mio avviso, si sono rivelati i temi caldi del dibattito, su cui si gioca il futuro dell’istituto della mediazione in Italia: l’importanza o meno dell’obbligatorietà per lo sviluppo della conciliazione e la spinosa questione della professionalità dei mediatori.


Dai lavori del Forum è emerso un atteggiamento decisamente a favore della reintroduzione dell’obbligatorietà della mediazione civile come elemento indispensabile per la diffusione dell’istituto: la cultura della conciliazione appare ancora troppo debole in un paese come l’Italia che ha il più alto tasso di litigiosità sociale europeo. Su questo sono d’accordo mediatori italiani come Francesco Franzese, Presidente di Assomediazione, che snocciola i numeri drammatici del costo sociale ed economico della bocciatura della mediazione obbligatoria da parte della Corte costituzionale, o Irene Gionfriddo, portavoce del Forum Nazionale dei Mediatori, che a più riprese ha sostenuto l’importanza di reintrodurre l’obbligatorietà, o ancora  Aldo Rossi, Responsabile Sunia-CGIL, che dice “l’obbligatorietà è stata scelta dal legislatore italiano tenendo conto dell’alta litigiosità sociale italiana”.
Le strade per la reintroduzione dell’obbligatorietà appaiono varie: Andrea Zanello, del Consiglio direttivo ANF, introduce la posizione degli avvocati che “non percepiscono la mediazione come un istituto ostile ma come una risorsa” e potrebbero essere favorevoli ad una introduzione a tempo determinato dell’obbligatorietà, dello stesso avviso Gianpiero Samorì, avvocato fondatore dei Moderati In Rivoluzione, che appoggia l’introduzione della mediazione obbligatoria per un periodo di 5/10 anni, fanno eco le rappresentanze sindacali, Salvatore Piroscia, Confederazione Generale dei Sindacati Autonomi e dei Lavoratori, dice “l’obbligatorietà può essere una condizione temporanea, da introdurre nella fase di start up dell’istituto e da abbandonare in tempi più maturi”, mentre Piero Sandulli, Professore dell’Università degli Studi di Teramo, suggerisce un incontro tra mediatori, giudici, avvocati e forze politiche per riscrivere le norme sulla mediazione.
Jean Louis Lascoux, Presidente della Chambre Professionelle de la Médiation et de la Négociation, usa parole forti a sostegno della mediazione obbligatoria “Abbandonare l’idea della mediazione obbligatoria preliminare all’azione giudiziaria è come fare un passo indietro … Mentre la mediazione apre la via alla libertà di scelta, il sistema giudiziario non permette una libertà di decidere. Abbandonare l’opportunità della mediazione obbligatoria … significherebbe pertanto, optare per una scelta di decadenza culturale” e plaude alla scelta ardita del legislatore italiano che aveva introdotto l’obbligatorietà “La scelta del vostro paese è stata una tra le più audaci in Europa e nel Mondo per quanto riguarda l’evoluzione del diritto delle persone. E’ paragonabile all’abbandono della pena di morte”.


Tuttavia affidare il futuro della mediazione in Italia alla condizione di obbligatorietà, si potrebbe dimostrare una strategia fallimentare e dispendiosa. In questo pensiero mi accosto all’intervento di Luigi Viola, Direttore de “ilprocessocivile.com”, che sottolinea l’importanza della mediazione delegata e la necessità di coinvolgere nel percorso di conciliazione il magistrato, quale interlocutore privilegiato del mediatore. Sulla stessa linea le parole di Guy A. Bottequin, Presidente di GENEVACCORD, “E’ essenziale che i magistrati siano sensibilizzati ad utilizzare lo strumento della mediazione delegata.”
La mediazione ha nella sua natura le caratteristiche di istituto vincente perché rappresenta un nuovo strumento al servizio dei cittadini, migliora la qualità delle relazioni umane e dei rapporti professionali: proprio perché investe tutta la sfera della nostra organizzazione e relazione sociale, l’utilizzo di sistemi alternativi per la risoluzione delle controversie, per diventare pratica comune, deve comportare un cambiamento culturale nella società che può avvenire solo negli anni ed attraverso investimenti nella comunicazione e nella formazione alla conciliazione. Ben vengano perciò le iniziative che coinvolgono gli studenti, come la sottoscrizione di una dichiarazione d’intenti, fatta al I° Forum europeo dei Mediatori, da parte di classi di alunni di scuole italiane e francesi che diffondano la conoscenza della mediazione sociale, e son bene accetti strumenti come il numero verde europeo o la creazione di un sito internet dedicato alla mediazione, strumenti che avvicinano l’istituto ai cittadini. Parimenti è utile fare una buona e coordinata comunicazione, utilizzare strumenti di marketing adeguati, ed investire nella professionalità e specializzazione dei mediatori. La possibilità di sopravvivenza degli Organismi di mediazione sta nella loro capacità di allargare il campo della mediazione a 360°, a tutti gli aspetti della vita sociale, offrire un servizio di conciliazione tempestivo e preparato, formare mediatori specializzati ma con competenze comuni e riconosciute.

Questo introduce d’obbligo una riflessione sulla professionalità del mediatore, questione spinosa come ho già detto, perché, in effetti, le opinioni su quale sia la formazione adeguata per un mediatore sono ancora molto discordanti.



La posizione della gran parte dei partecipanti al Forum appare sostenere la necessità di una formazione giuridica del mediatore; di questo avviso è in particolare l’Avv. Gianpiero Samorì che arriva a proporre l’obbligo per i mediatori di essere appartenenti all’albo degli avvocati e sostiene l’obbligo delle parti convenute in mediazione di essere accompagnate dai rispettivi legali. Fa eco il Prof. Piero Sandulli che, pur non riferendosi direttamente alla professione di avvocato, afferma che il mediatore dovrebbe essere capace di indirizzare le parti ad una soluzione sul tema in causa.

La figura del mediatore si delinea in quest’ottica come quella di un “saggio”, esperto in materia giuridica e specializzato di volta in volta nel settore in oggetto, che conduce per mano le parti ad una soluzione condivisa della controversia.



Di tutt’altro opinione sono gli interventi degli ospiti esteri: Arik Strulovitz, Mediatore dell’Istituto di mediazione e risoluzione dei conflitti israelo/palestinesi, afferma con decisione che “L’avvocato dovrebbe avere il solo compito di preparare le parti alla mediazione ed assicurarsi che l’accordo sottoscritto dalle parti sia conforme alle norme. L’avvocato, come figura, rappresenta il conflitto e dovrebbe quindi esser fuori dal percorso di mediazione. Il vero passo avanti culturale consiste nel fornire alle persone gli strumenti per mettersi d’accordo fra loro nelle situazioni di conflitto.”.Guy A. Bottequin, Presidente di GENEVACCORD, è molto preciso nel delineare il ruolo degli avvocati nella mediazione “L’avvocato è colui che consiglia al proprio cliente di andare in mediazione … La mediazione non sostituisce l’avvocato perché il ruolo dell’avvocato è fondamentale. Il mediatore arriva nel momento in cui l’avvocato ed il suo cliente vogliono evitare l’arbitrato ed un processo lungo e costoso.”. Bottequin definisce dettagliatamente le caratteristiche del mediatore “ Il mediatore non deve avere per forza una formazione giuridica … la scelta del mediatore non si deve fare secondo la natura commerciale del conflitto ed è un errore che fanno troppo spesso i magistrati quando delegano le mediazioni. Scegliere un mediatore non è come nominare un arbitro o un esperto … Questo si spiega perché il mediatore non cerca l’errore ma spinge la creatività delle parti a trovare soluzioni di win-win.”
La definizione della professionalità del mediatore diventa di importanza vitale per la sopravvivenza dell’istituto, per la sua diffusione ed efficacia: su tutti mi allineo all’invito fatto da Gianfranco Rucco, dirigente dell’Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni, che inquadra la mediazione tra i “servizi” al cittadino ed invita ad inserire l’Italia nella cornice definita dall’Europa che ha posto la mediazione tra gli obiettivi e gli strumenti principali per una riforma della giustizia efficace.

Serena Carè
mediatore SICEA 

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