giovedì 17 dicembre 2015

2015: UN BILANCIO PARZIALE SULL'ATTIVITA' DI MEDIAZIONE

A giugno 2015 sono stati resi noti i dati ministeriali sulla diffusione della mediazione civile e commerciale relativi al primo semestre del 2015 .

Dal 1 gennaio al 30 giungo 2015 si registrano 5.886 procedimenti di mediazione pendenti iniziali, 54.584 iscritti, 48.390 definiti e 12.080 pendenti finali. 






Confermati anche i dati sulle controversie maggiormente trattate in mediazione: contratti bancari (circa il 25%), controversie in tema di diritti reali (14%), locazione (12%) e condominio (11%).





L’aderente compare nel 45% dei casi.


Nel 22% di tali casi si giunge all’accordo conciliativo. Confermato anche che, come osserva il documento del Ministero, “da una analisi a campione risulta che il tasso di successo sale al 43% se si escludono le mediazioni in cui gli aderenti hanno partecipato solo al primo incontro conoscitivo”.

 
Le controversie con una percentuale di comparizione dell’aderente superiore al 50% sono quelle in tema di Successioni ereditarie (64,8%), Patti di famiglia (61,9%), Divisione (60,6%), Diritti reali (55,1%), Affitto di aziende (54,7%), Condominio (54,1%) e Locazione 51,1%.
Tra le controversie con i migliori dati quanto all’esito positivo della mediazione si segnalano quelle in materia di diritti reali (36%) e comodato (31%).

Categorie di mediazione:
mediazione obbligatoria:    81,2%
mediazione demandata dal giudice:  9,6%
mediazione concordata (prevista da clausola contrattuale):  0,5%
mediazione volontaria:      8,7%
Le mediazioni demandate riguardano circa 10.000 procedimenti.

Quanto alla presenza dell’avvocato in mediazione, l’assistenza legale è in diminuzione nelle mediazione volontarie: il 46% dei proponenti (dato che sale tra i chiamati in mediazione: circa il 78% è assistito da un avvocato).


Si conferma l'alto tasso di mediazioni concluse positivamente tenute presso gli Organismi di Mediazione privati (46,1%) rispetto a quelle concluse con successo presso gli Organismi delle Camere di Commercio o dell'Ordine degli avvocati.

Il dato che più di tutti pare significativo è quello riguardante il confronto tra la durata dei procedimenti presso i Tribunali ordinari e la durata delle mediazioni: 844 giorni nel primo caso, 98 giorni nel secondo.

 Consulta i dati sul sito al link: https://webstat.giustizia.it/Analisi%20e%20ricerche/Mediazione%20civile%20al%2030%20giugno%202015.pdf

giovedì 19 novembre 2015

SENTENZA: LA SOLA PARTECIPAZIONE ALL'INCONTRO PRELIMINARE DI MEDIAZIONE NON E SUFFICIENTE A RITENERE ESPERITO IL TENTATIVO DI MEDIAZIONE.

Recentemente il Tribunale di Firenze ha emesso una sentenza che potrebbe incidere notevolmente sulla prassi applicata al procedimento di mediazione: il 15 ottobre 2015 il giudice Scionti del tribunale fiorentino ha dichiarato l’improcedibilità della domanda, introdotta con ricorso monitorio, di una Banca per mancato esperimento del tentativo di mediazione

Al primo incontro di mediazione, le parti si erano limitate a manifestare la loro intenzione di NON dare seguito alla procedura obbligatoria, senza fornire ulteriore e più specifica indicazione degli impedimenti all’effettivo svolgersi del procedimento.
Secondo il giudice tuttavia, la mera partecipazione all’incontro preliminare di mediazione non vale a ritenere esperito il tentativo di mediazione, con effetto di ritenere improcedibili le domande avanzate da entrambe le parti. 



Nel caso di specie, il giudice ha ravvisato come dal verbale del primo incontro di mediazione, le parti si erano limitate a manifestare la volontà di non dare seguito alla procedura di mediazione, senza tuttavia indicarne gli specifici impedimenti; per questo il giudice ha revocato il decreto ingiuntivo e dichiarato l’improcedibilità della domanda introdotta dalla banca poiché l’effettivo esperimento del tentativo di mediazione non è rimesso alla sola discrezionalità delle parti, con conseguente libertà di queste, una volta depositata la domanda di avvio della procedura e fissato il primo incontro davanti al mediatore, di manifestare il proprio disinteresse nel procedere al tentativo, ma costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

Inoltre, precisa il giudice, l’articolo 8 del succitato D. Lgs. 28/2010, nel prevedere che il mediatore durante i primo incontro debba invitare le parti e i loro avvocati “ad esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione”, deve difatti essere interpretato nel senso di attribuire al mediatore il compito di verificare l’eventuale sussistenza di concreti impedimenti all’effettivo esperimento della procedura e non già quello di accertare la volontà delle parti in ordine alla opportunità di dare inizio alla stessa. Se così non fosse non si tratterebbe, nella sostanza, di mediazione obbligatoria bensì facoltativa e rimessa al solo arbitrio delle parti con sostanziale interpretatio abrogans del complessivo dettato normativo e assoluta dispersione della sua finalità esplicitamente deflattiva. 


Questa impostazione tuttavia si scontra con le indicazioni del Ministero della Giustizia che, come si legge nel sito internet, fornisce questi chiarimenti:

•    la procedura di mediazione può procedere solo a seguito del consenso delle parti raccolto in un incontro preliminare di programmazione
•    solo lo svolgimento dell'incontro preliminare di programmazione è condizione di procedibilità (per le materie indicate) e deve svolgersi entro 30 giorni dal deposito dell'istanza a costi massimi molto contenuti
•    gratuità del primo incontro di programmazione in caso di mancato accordo



Testo integrale sentenza 15/10/2015:
 
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale di Firenze Sezione III civile

Il Tribunale di Firenze, sezione terza civile, in composizione monocratica, nella persona del magistrato Dr. Leonardo Scionti, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa___ dell’anno 2013 promossa da
Società, XX

opponenti

contro

Banca ZZ

opposta

ed avente come oggetto : contratto bancario .

FATTO e DIRITTO

1 Con un atto di citazione notificato il data __/2013, Società XX, in qualità di debitore principale e XX, in qualità di fidejussori, proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo n__/ 2013 emesso dal Tribunale di Firenze in data ___/2013, con il quale veniva ingiunto il pagamento solidale in favore di Banca della somma di euro __ oltre interessi in forza di saldo passivo del conto corrente ordinario n.__ , con competenze al __/ 2012 per euro __, e del correlato conto anticipi export con competenze al __/ 2012 per euro __.
1.1 In particolare, gli opponenti deducevano che il credito azionato in monitorio da parte opposta traeva origine da un contratto di conto corrente e un contratto di conto anticipi export accesi da Società presso Banca; che Tizio e Caio si costituivano fidejussori a favore di Banca; che, nell’ambito dei rapporti di affidamento bancario intercorsi con Banca quest’ultima compiva una serie di irregolarità, tali da rendere il credito azionato in monitorio e oggetto dell’opposto decreto incerto, illiquido ed inesigibile; che, in specifico, era violato l’obbligo di forma scritta del contratto di apertura di credito, era applicato un tasso di interesse superiore al tasso soglia in materia di usura ed un’illegittima capitalizzazione degli interessi, erano addebitate somme di denaro a titolo di commissione di massimo scoperto con illegittima anticipazione o posticipazione nella determinazione dei giorni di valuta per le singole operazioni. Gli opponenti concludevano pertanto: affinché fosse revocato il decreto opposto e stabilito l’esatto dare – avere tra le parti, con conseguente condanna di parte opposta alla restituzione in favore degli opponenti delle somme versate e non dovute, oltre interessi e rivalutazione monetaria; affinché fosse altresì condannata, in ogni caso, parte opposta al risarcimento dei danni subiti dagli opponenti a causa dell’illegittima condotta assunta ex adverso; con vittoria di compensi e spese, anche della fase monitoria.

1.2 Si costituiva in giudizio la convenuta opposta, la quale, in via preliminare, eccepiva l’inammissibilità delle avverse domande di restituzione di somme e risarcimento dei danni, in quanto erroneamente non proposte dagli opponenti in via riconvenzionale; nel merito, ne eccepiva comunque l’infondatezza, in quanto non provate né quantificate; concludeva, in tesi, affinché fosse respinta l’opposizione e, in subordine, affinché fossero condannati gli opponenti al pagamento in favore di Banca della somma che sarebbe risultata in corso di causa, con vittoria di spese e compensi.

1.3 Concessa la provvisoria esecutorietà del decreto opposto, il Giudice, con ordinanza del ___/2014, disponeva che le parti esperissero il procedimento di mediazione obbligatorio ex lege con onere di impulso a carico di parte opposta, dando specifico conto dell’ interpretazione offerta dal Tribunale in ordine all’effettivo perfezionarsi di detto procedimento. Alla successiva udienza emergeva dal verbale reso dall’Organo di mediazione prodotto in atti che le parti presenti al primo incontro avevano dato atto che “allo stato non sussistono i presupposti per poter dare avvio al procedimento di mediazione” senza fornire idonea, specifica e motivata giustificazione al mancato avvio di un effettivo tentativo di mediazione.
Ritenuta la causa matura per la decisione, il Giudice rinviava le parti all’udienza odierna ai sensi dell’art. 281sexies c.p.c. . Queste ultime precisavano le conclusioni come in verbale e discutevano oralmente la causa.

2 La domanda introdotta da parte opposta con ricorso monitorio e sfociata nell’emissione del decreto ingiuntivo n__/2013 di questo Tribunale qui opposto, così come la riconvenzionale avanzata dagli opponenti in citazione, devono essere dichiarate improcedibili a norma dell’art.5 bis del D. Lgs. 28/2010 (come modificato dal D.L. 21.6.2013, n. 69, convertito in L. 9.8.2013).

2.1 Come già rilevato in sede di ordinanza del … 2014, al cui specifico contenuto si rinvia, l’effettivo esperimento del tentativo di mediazione non è rimesso alla mera discrezionalità delle parti, con conseguente libertà di queste, una volta depositata la domanda di avvio della procedura e fissato il primo incontro davanti al mediatore, di manifestare il proprio disinteresse nel procedere al tentativo, ma costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’articolo 8 del succitato D. Lgs. 28/2010 , nel prevedere che il mediatore durante i primo incontro, debba invitare le parti e i loro avvocati “ad esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione”, deve difatti essere interpretato nel senso di attribuire al mediatore il compito di verificare l’eventuale sussistenza di concreti impedimenti all’effettivo esperimento della procedura e non già quello di accertare la volontà delle parti in ordine alla opportunità di dare inizio alla stessa. Se così non fosse non si tratterebbe, nella sostanza, di mediazione obbligatoria bensì facoltativa e rimessa al mero arbitrio delle parti con sostanziale interpretatio abrogans del complessivo dettato normativo e assoluta dispersione della sua finalità esplicitamente deflattiva. Ciò ribadito, nel caso di specie non può dirsi ritualmente svolto il tentativo di mediazione. Alla luce del verbale prodotto in atti da parte opposta all’udienza del __/2015, le parti presenti al primo incontro davanti al mediatore si son limitate a manifestare la loro intenzione di non dare seguito alla procedura obbligatoria, senza fornire ulteriore e più specifica indicazione degli impedimenti all’effettivo svolgersi del procedimento e rendendo, di fatto, necessaria l’applicazione della sanzione comminata dall’art. 5/1 bis del D. Lgs. 28/2010. A nulla vale la circostanza che siano state ambedue le parti ad impedire l’effettivo tentativo di mediazione con la loro concorde –ingiustificata- volontà di sottrarsi ad esso, ciò comportando piuttosto che ciascuna di esse sarà sottoposta alla sanzione indicata dalla legge, vale a dire alla dichiarazione di improcedibilità della rispettiva domanda proposta.

2.2 Difatti, posto che il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ha ad oggetto l’ accertamento dei fatti costitutivi della pretesa creditoria fondante l’emissione del decreto ingiuntivo opposto, la sanzione dell’improcedibilità dovrà innanzitutto colpire la domanda sostanziale azionata da Banca in sede monitoria, con conseguente revoca dell’ opposto decreto.
D’altro lato, indipendentemente, dalla parte opposta, analoga volontà di non procedere nel merito del tentativo era manifestata altresì da parte opponente, la cui riconvenzionale –come sopra anticipato- deve essere altrettanto dichiarata improcedibile.

3 Ogni questione di merito deve intendersi assorbita.

4 Tenuto conto dell’esito della lite, le spese devono intendersi interamente compensate tra le parti.

PER QUESTI MOTIVI

il Tribunale di Firenze, ogni altra domanda reietta, definitamente pronunciando sull’ opposizione promossa da Società, in qualità di debitore principale, Tizio e Caio in qualità di fidejussori, nei confronti di Banca avverso il decreto ingiuntivo n. __/2013 emesso dal Tribunale di
Firenze in data__/ 2013, così provvede:
1) dichiara l’improcedibilità della domanda introdotta da Banca con ricorso monitorio e, pe l’effetto, revoca il decreto ingiuntivo n.__/2013 emesso dal Tribunale di Firenze in data___/2013;
2) dichiara l’improcedibilità della domanda riconvenzionale avanzata dagli opponenti;
3) dichiara le spese di lite interamente compensate tra le parti, come in parte motiva.
Così deciso in Firenze il 15.10.2015.
Il Giudice
Dr. Leonardo Scionti





giovedì 22 ottobre 2015

ULTIMI GIORNI PER ISCRIVERSI AL CORSO DI FORMAZIONE PER DIVENTARE MEDIATORI PROFESSIONISTI - 50 ORE

E' ancora possibile iscriversi al CORSO DI FORMAZIONE PER DIVENTARE MEDIATORI CIVILI E COMMERCIALI organizzato da SICEA in collaborazione con ANACI.
Le iscrizioni possono essere effettuate on line al link http://www.sicea.info/it/formazione/corsi/1-corsi/1-corsi-di-formazione-50-ore-per-ottenere-il-titolo-di-mediatore-professionista

Il corso inizierà mercoledì 4 novembre e si svolgerà presso la sede Nazionale di ANACI in Via Cola di Rienzo, 212 a Roma ed avrà durata di 50 ore.

Il corso è rivolto a tutti coloro che desiderano intraprendere la professione di MEDIATORE CIVILE E COMMERCIALE.

Chi non esercita la professione di avvocato (mediatore civile di diritto), e vuole accedere alla professione di mediatore, deve possedere i seguenti requisiti:
  • possesso di un titolo di studio non inferiore al diploma di laurea universitaria triennale, o in alternativa, essere iscritti ad un collegio o ordine professionale;
  • non essere incorsi in interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici;
  • non aver riportato sanzioni disciplinari diverse dall’avvertimento;
  • non essere stati sottoposti a misure di sicurezza o di prevenzione;
  • non aver riportato condanne definitive per delitti non colposi o pena detentiva non sospesa.
L'attività didattica si svilupperà in 8 giornate di lavoro che riguarderanno:
  • Il sistema ADR e la Conciliazione/mediazione
  • Principi natura e funzione della conciliazione. Esperienze internazionali e principi comunitari
  • La mediazione e la negoziazione interculturale
  • Compiti responsabilità e caratteristiche del conciliatore. Tecniche di conciliazione.
  • La procedura di conciliazione. Rapporti con la tutela contenziosa
  • La "nuova" mediazione di cui al D. Lgsl. 28/2010 ed il nuovo regolamento di cui al D.M. 180 del 18.10.2010
  • Esami e valutazioni finali per accertare l'acquisizione delle nozioni teorico pratiche
Ogni giornata prevede inoltre l'esecuzione di esercitazioni pratiche ed attività di simulazione di procedure di conciliazione.

Per info e dettagli contattare SICEA allo 050.23015 o tramite mail formazione@sicea.info.

lunedì 5 ottobre 2015

IL TENTATIVO OBBLIGATORIO DI MEDIAZIONE DEVE ESSERE ESPERITO DALL'OPPONENTE AL DECRETO INGIUNTIVO

Il caso

Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, viene sollevata dall’opposto l’eccezione di improcedibilità dell’opposizione per non aver partecipato personalmente l’opponente al primo incontro di mediazione, conclusosi poi con un verbale negativo. Prima di verificare se la presenza delle parti all’incontro di mediazione sia necessaria per realizzare la condizione di procedibilità ex art. 5 d. lgs. 28/2010, il provvedimento in commento esamina la questione relativa al soggetto interessato ad esperire la procedura di mediazione nel giudizio ex art. 645 c.p.c.. In particolare si pone il dubbio se la sanzione dell’improcedibilità colpisca la domanda originariamente proposta in sede monitoria, con conseguente inefficacia del provvedimento di ingiunzione, ovvero se estingua il giudizio di opposizione, con consequenziale definitività del decreto.

Il Tribunale di Chieti conclude per la seconda soluzione, individuando nel soggetto opponente l’interessato alla proposizione dell’istanza di mediazione obbligatoria


La mediazione delegata obbligatoria

Il testo oggi vigente dell’art. 5 d. lgs. 28/2010, frutto da ultimo della riforma attuata con d.l. 69/2013, convertito in l. 98/2013, prevede che la mediazione sia obbligatoria oltre che per le materie indicate al primo comma della stessa norma, anche quando sia il giudice a delegare ad un organismo di mediazione l’espletamento del tentativo di conciliazione. Nelle ipotesi predette, l’esperimento del tentativo di mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale, sicchè ove le parti interessate non vi ottemperino, il giudice dovrà chiudere il processo con una pronuncia in rito.

La scelta per una condizione di “procedibilità” piuttosto che di “proponibilità” della domanda giudiziale è stata accolta con favore dal momento che in questo modo si possono considerare superati i problemi di compatibilità tra l’istituto in esame e l’art. 24 Cost (in dottrina v. per tutti, Tiscini, La mediazione civile e commerciale, Torino, 2011). Perché un filtro di accesso alla giustizia possa considerarsi legittimo la Consulta ha ribadito che esso deve atteggiarsi come condizione di “procedibilità” non anche di “proponibilità” della domanda giudiziale: la prima integra un presupposto processuale la cui mancanza è sanabile con efficacia retroattiva; la seconda impone invece un requisito di validità della domanda, la cui mancanza originaria non consente una sanatoria con efficacia ex tunc.

Ne consegue che il meccanismo previsto dall’art. 5 d. lgs. 28/2010 non confligge con il dato costituzionale. Vi è più che il legislatore ha previsto che la mediazione obbligatoria non operi quando la parte voglia avvalersi di forme di tutela sommaria e urgente, quali ad esempio quella cautelare o quella di ingiunzione. In particolare, con riferimento ai procedimenti per ingiunzione, il comma 4 dell’art. 5 cit. prevede che la condizione di procedibilità non trovi applicazione nella fase monitoria e in quella di opposizione fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione.
Ratio dell’esclusione del rito monitorio dalla obbligatorietà del tentativo di mediazione è quella di evitare che in un procedimento caratterizzato dalla rapidità e assenza di contraddittorio si imponga ex lege un incompatibile rallentamento.

Il termine a partire dal quale riprende vigore la via conciliativa coincide con quello in cui il giudice decide sulle istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione. Anche qui la ratio della regola è comprensibile: tanto la decisione sulla sospensione quanto quella sulla concessione della provvisoria esecuzione sono provvedimenti connotati dall’urgenza e perciò incompatibili con l’esperimento del tentativo di mediazione.


L’onere di proposizione del tentativo di mediazione

Stabilita la regola secondo cui la condizione di procedibilità torna in vigore dopo l’udienza sulla concessione e sospensione della provvisoria esecuzione, la legge tace in ordine al soggetto su cui incombe l’onere di proposizione del tentativo di conciliazione.
Negli ordinari processi di cognizione, il soggetto interessato alla realizzazione della condizione di procedibilità è sempre colui che vuole ottenere dal processo un provvedimento di merito che decida sul proprio diritto (di norma l’attore o, per l’ipotesi di domanda riconvenzionale, anche il convenuto). Sicchè chi propone una domanda in giudizio verosimilmente proporrà l’istanza di mediazione, onde evitare di incorrere nella sanzione dell’improcedibilità della domanda stessa.

Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, per effetto dell’inversione dell’iniziativa processuale, non è chiaro chi sia effettivamente il soggetto interessato a non incorrere nella sanzione prevista dall’art. 5 d. lgs. 28/2010. Occorre in altre parole stabilire se l’improcedibilità colpisca l’originaria domanda monitoria, con conseguente onere dell’opposto (attore in senso sostanziale) di instaurare la procedura conciliativa, ovvero il giudizio di opposizione a decreto, imponendo all’opponente di espletare il tentativo di mediazione.

Quest’ultima soluzione farebbe leva sul fatto che l’opponente, convenuto sotto il profilo sostanziale, è tenuto a instaurare e tenere in vita il giudizio a cognizione piena dal momento che, in caso di estinzione del processo, si consoliderebbero gli effetti del decreto ingiuntivo opposto a suo danno.

Dall’altra parte però vi è chi osserva che l’improcedibilità colpisce la domanda giudiziale che, nel procedimento per ingiunzione, così come nel giudizio di opposizione, è e resta sempre quella avente ad oggetto la pretesa sostanziale creditoria posta alla base del ricorso per decreto ingiuntivo.

In altre parole, l’atto di opposizione, non rappresenterebbe un’iniziativa processuale autonoma, ma sarebbe la reazione difensiva del convenuto all’impulso procedimentale altrui. Sicchè l’interesse a proporre il tentativo di conciliazione sarebbe sempre in capo all’opposto. D’altra parte, gravare l’opponente della proposizione della mediazione creerebbe uno squilibrio irragionevole ai danni del debitore che, non solo subisce l’ingiunzione di pagamento in assenza di contraddittorio, nonché la scelta per il rito sommario, ma, nella successiva fase di opposizione, verrebbe pure a subire un ulteriore onere che, se l’attore avesse scelto il processo a cognizione piena, non gli sarebbe spettato.

Da non sottacere è poi il fatto che l’eventuale mancanza di un presupposto processuale generale riscontrata dal giudice dell’opposizione conduce di regola all’emissione di una pronuncia in rito con la quale il decreto ingiuntivo viene revocato.


La soluzione adottata

Il Tribunale di Chieti prende però le distanze dalla soluzione appena prospettata, ritenendo, al contrario, che l’interesse a proporre il tentativo di mediazione obbligatorio sorga in capo all’opponente. Il giudice abruzzese aderisce quindi all’opzione in forza della quale l’improcedibilità colpisce l’opposizione determinando il passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo.

Ciò in quanto il mancato esperimento del tentativo di mediazione costituirebbe una forma di inattività delle parti, cui di norma consegue l’estinzione del processo. Quest’ultima, quando si verifica nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, determina la definitività del decreto e l’acquisto della sua efficacia esecutiva.

Sotto tale profilo, osserva la sentenza in commento, vi sarebbe un’analogia tra il procedimento di opposizione ad ingiunzione e il giudizio di appello, comportando l’estinzione, in entrambi i casi, la definitività del provvedimento impugnato.

Inoltre, accogliendo la soluzione opposta, si rischierebbe, secondo il giudicante, di vanificare la funzione deflattiva della mediazione, poiché in caso di improcedibilità della domanda e di caducazione del decreto ingiuntivo, il creditore potrebbe – ferme restando prescrizioni e decadenze eventualmente maturate – riproporre una nuova domanda monitoria ovvero una domanda a cognizione piena per lo stesso credito.

Ritiene infine che nessuna disparità irragionevole sia ravvisabile nel fatto che si crei un ulteriore onere per il debitore (oltre a quello di attivazione del giudizio di opposizione, subordinato alla scelta discrezionale del creditore sul rito), dal momento che i costi della procedura sono piuttosto esigui e addirittura, dopo l’ultima riforma, perfino azzerati (poiché la condizione di procedibilità della domanda giudiziale si considera avverata se al primo incontro non si raggiunge l’accordo e, in tal caso, nessun compenso è dovuto all’organismo di mediazione).

L’interesse a promuovere il tentativo di conciliazione per non incorrere nella sanzione dell’improcedibilità graverà perciò sull’opponente.

Tuttavia il Tribunale ritiene che, sebbene l’interesse sia del debitore, il giudice sia tenuto solo a verificare che il tentativo sia stato espletato, restando indifferente del tutto, una volta accertata la regolare proposizione della domanda di mediazione, seppur con esito negativo della procedura, chi sia stato il soggetto in concreto proponente il tentativo. In altri termini, appurato l’avverarsi della condizione prevista dall’art. 5 d. lgs. 28/2010, resta irrilevante di chi sia stata l’iniziativa nella fase conciliativa.

Quanto al momento in cui la condizione che rende procedibile la domanda si considera realizzata, il giudicante ritiene che esso possa coincidere con la redazione di un verbale negativo che fa seguito alla presentazione di un’istanza conciliativa, non essendo invece necessario che le parti si presentino personalmente all’incontro. D’altra parte la legge richiede solo che il tentativo sia “esperito”; il che, per la sentenza in commento, si ha con la mera proposizione della domanda di conciliazione.


Esito del giudizio:
Rigetto dell’eccezione di improcedibilità


Riferimenti normativi:
Artt. 645 c.p.c.; art. 5 d. lgs. 28/2010


Fonte: quotidianogiuridico.it
Autore: Avv. Paola Licci

martedì 1 settembre 2015

DIVORZIO BREVE: IL BILANCIO DEI PRIMI MESI DI ENTRATA IN VIGORE DELLA LEGGE 55/2015

Tutti lo volevano e, ora che c’è, si precipitano a farne uso. In questa torrida stagione, non è stato il caldo l’unico protagonista: un’altra anomalia, favorita dalle recenti innovazioni normative, ha reso ancor più bollente – in famiglia – quella che è già stata ribattezzata come “l’estate del divorzio breve”.

Entrato in vigore al termine dello scorso mese di maggio, il divorzio breve si sta confermando la rivoluzione promessa: in appena due mesi, le cartelle di separazione già consegnate avrebbero superato quota 50mila.
Questo, almeno, è il conteggio portato a termine dall’associazione dei matrimonialisti italiani, con la possibilità che entro la fine dell’anno il numero possa quantomeno raddoppiare.

Va considerato, infatti, nel computo dei potenziali accessi alla nuova legge, tutto l’esercito delle cause in via di svolgimento, stimato in 250mila coppie in rottura del vincolo coniugale, che potranno ricorrere al divorzio breve in virtù della retroattività della norma.


Secondo quanto scritto nella legge 55/2015, che regolamenta la disciplina del cosiddetto divorzio breve, infatti, è possibile optare per questo iter più semplice per tutte le coppie in corso di separazione dal 2011 fino a inizio 2015. Dunque, è facile immaginare la rincorsa, con la riapertura degli studi legali, per molte delle situazioni impantanate nelle lungaggini del divorzio tradizionale.

Grazie al nuovo strumento, infatti, sarà possibile giungere a separazione già dopo sei mesi in caso di decisione consensuale, che potranno aumentare di altri sei qualora i due coniugi siano ricorsi in giudizio per la definizione del divorzio, anche se su questo punto – in caso di beni da dividere, oppure di episodi di violenze – lo scetticismo dei professionisti è molto elevato.

Secondo i dati diffusi dall’associazione dei matrimonialisti, poi, è la cifra che riguarda gli over 60 a destare grande stupore: segno che il divorzio non è istituto solo per giovani sposi “pentiti”, ma è in voga anche tra chi vanta alle spalle decenni di convivenza e, ora, cerca di ricominciare una nuova vita.

Tra i divorzi brevi registrati, uno su cinque, riporta l’Ami, appartiene alla fascia anagrafica di chi ha spento oltre 65 candeline. Insomma, il messaggio pare chiaro: se prima, lanciarsi in una pratica di separazione sembrava troppo complicato, ora, nell’orizzonte dei sei mesi, anche i più attempati sembrano convinti che sia giunto il momento propizio per chiudere definitivamente l’esperienza coniugale.

Fonte http://www.leggioggi.it/ 

mercoledì 22 luglio 2015

CONVEGNO "L'ITALIA RIPARTE": POLITICI E TECNICI IN FAVORE DELLA L.3/2012

Si è svolto giovedì 16 luglio a Roma il convegno nazionale dal titolo "L'ITALIA RIPARTE. LA COMPOSIZIONE DELLA CRISI D'IMPRESA E DEL CONSUMATORE" organizzato con il contributo di CIA, INAC, Camera di commercio, Ordine degli Avvocati di Roma e SICEA.
 
Alla presenza di una numerosa platea e nella splendida cornice del tempio di Adriano, gli illustri relatori hanno esposto visioni e problematiche legate alla Legge 3/2012 contenente indicazioni su materia di estorsione ed usura e crisi da sovraindebitamento. 

Tutti concordi circa le numerose opportunità e innovazioni contenute nella Legge 3/2012 ma anche sull'applicazione troppo lenta ed ancora poco chiara delle procedure introdotte. 

Particolarmente illuminante in questo senso l'intervento del Senatore Roberto Centaro, tra gli ideatori e promotori della L.3/2012: la Legge nasce dall'urgenza di tutelare il piccolo consumatore, artigiano e la piccola impresa dagli attacchi connessi all'usura ed all'estorsione in caso di insorgenza di crisi economica (personale o aziendale): la razio primaria della legge è quella di tutelare le famiglie dal fallimento per scongiurare il fallimento economico. 
La Legge, presentata inizialmente durante la XV° Legislatura intendeva intervenire tempestivamente sulle situazioni di crisi ma un iter parlamentare travagliato ed il ritardo nell'emanazione di un apposito regolamento, hanno vanificato la tempestività dell'intervento facendone uno strumento che solo ora, nel 2015, inizia ad essere conosciuto ed usato da consumatori e aziende. 

Dello stesso avviso l'Onorevole Nicola Bono che, oltre a sottolineare l'eticità della norma, che distingue tra debitori "buoni" e "cattivi debitori" tutelando i primi, denuncia non solo la lentezza con cui si è provveduto a emanare il regolamento ma anche i contenuti del regolamento che di fatto complica l'applicazione della norma.

Si affianca alle riflessioni il Dott. Ciro Lenti, presidente SICEA S.p.A., che, pur sottolineando l'importanza di questo nuovo strumento nella gestione delle crisi economiche, si sofferma sugli aspetti pratici dell'applicazione della norma: oltre al ritardo nell'emanazione del regolamento viene segnalato un ulteriore ritardo nella pubblicazione della modulistica necessaria per gli Organismi di composizione della crisi (disponibile solo dal 17 luglio 2015). 

L'intervento del Dott. Lenti intende però sopratutto evidenziare le opportunità inserite nella L.3/2012, in particolare il cambiamento nella visione della crisi, momento di difficoltà da gestire e non da subire attraverso strumenti che permettano di recuperare la capacità dell'azienda di produrre ricchezza ed evitare la liquidazione.


martedì 14 luglio 2015

CONVEGNO DEDICATO AL SOVRAINDEBITAMENTO - ROMA 16 LUGLIO

Interessante articolo pubblicato da "L'Opinione" sul Convegno dedicato alla gestione delle crisi da sovraindebitamento che si svolgerà giovedì 16 luglio al Tempio di Adriano: tra gli illustri relatori anche il Presidente SICEA Ciro Lenti.

Il sovraindebitamento al Tempio di Adriano

di Ruggiero Capone
11 luglio 2015POLITICA
 
La crisi ha preso forma nel 2008, e dopo sette anni ha salutato circa mille suicidi per motivi economici: 135 solo nel primo semestre del 2015. Dall’inizio della crisi sono fallite in Italia 82mila imprese, con la perdita di un milione di posti di lavoro (dati raccolti dall’Osservatorio Cerved su fallimenti, procedure e chiusure delle imprese in Italia); lo stesso Cerved calcola nel 2014 un picco di oltre 15mila fallimenti (dato record per il sistema italiano).

A livello settoriale, le aziende del terziario sono quelle più coinvolte: 29mila posti persi nei servizi non finanziari e 27mila nella distribuzione. In ambito manifatturiero, nel settore della moda si è verificata la perdita di 9mila posti di lavoro. Una vera e propria ecatombe. L’Italia ha cambiato volto, l’insicurezza economica attanaglia le famiglie e scongiura l’impresa artigianale come quella commerciale. A questo va aggiunto che le nuove normative in campo artigianale hanno favorito il sommerso: nel 2008 il rapporto tra opifici a norma e abusivi era di otto a due, oggi è l’esatto contrario. Ed alcune sentenze della magistratura già parlano di evasione ed abusivismo di necessità.

Ma pochi sanno che c’è una legge (la cosiddetta 3 del 2012) che permette di salvare famiglie ed imprese dalla sovraesposizione debitoria. Questa legge reca la firma di Roberto Centaro (nella foto), che da senatore ha cercato così di rispondere all’estinzione per via fallimentare della piccola impresa italiana. Il provvedimento reca “Disposizioni in materia di usura e di estorsione”, nonché di composizione di crisi da sovraindebitamento: mira, come dice lo stesso titolo della legge, a disciplinare quelle “situazioni di difficoltà di alcune categorie di debitori”.

Ma cosa s’intende per sovraindebitamento? Ai sensi del secondo comma dell’articolo 6 della legge n. 3/2012, per sovraindebitamento si intende “una situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, nonché la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni”. Esempio da manuale è il debitore che deve onorare debiti per migliaia di euro, per farlo dovrebbe liquidare parte del proprio patrimonio, costituito prevalentemente da beni immobili e mobili, attrezzature, tecnologie... Me c’è anche il caso del lavoratore dipendente o autonomo che ha contratto molti debiti e perde il lavoro: anche questi casi potranno fare ricorso alla legge sul sovraindebitamento.

A spiegare l’utilità di questo strumento giuridico provvederà lo stesso Roberto Centaro (magistrato ieri prestato alla politica) giovedì 16 luglio (dalle 14,30) presso il Tempio di Adriano, sede della Camera di Commercio di Roma, con il convegno nazionale intitolato “L’Italia riparte: la composizione della crisi d’impresa e del consumatore”. Con lui gli onorevoli Nicola Bono e Cosimo Ferri (sottosegretario alla Giustizia), Antonio Barile (presidente Inac), Dino Scanavino (presidente Cia, Confaderazione italiana agricoltori), Ciro Lenti (presidente Sicea), modererà Massimilano Massari (studioso di comunicazione televisiva). Saranno presenti inoltre il Cardinale Cocco Palmerio (avvocato della Santa Sede) e don Aldo Ottomanelli (diacono, presidente e fondatore dell’Associazione Opera dell’amore trinitario).

Il valore dell’impresa e del lavoro è per la Chiesa inscindibile da quello della famiglia. Nei primi nove mesi del 2014 sono fallite in media 61 imprese ogni giorno, più di due imprese ogni ora: questa la fotografia dell’Analisi dei fallimenti in Italia aggiornata al terzo trimestre 2014. Ed il 2015 non promette certo meglio. Il fallimento dell’impresa nell’80 per cento dei casi porta alla deflagrazione dei nuclei familiari che dipendono economicamente dall’iniziativa economica decotta. Dal 2009 ad oggi si contano 70.673 imprese che hanno portato i libri in tribunale: numeri che sottolineano uno scenario economico ancora preoccupante per il 2015. Analizzando il numero dei fallimenti registrati si evidenzia un trend in costante aumento: 1.730 nel 2009, 2.058 nel 2010, 2.205 nel 2011, 2.397 nel 2012, 2.647 nel 2013. Record negativo per il 2014 con 3.002 casi. Fino al 2008 era la locomotiva economica d’Italia, ma la Lombardia nei primi 9 mesi del 2014 si è confermata la regione d’Italia in cui si è registrato il maggior numero di fallimenti, con 2.457 casi pari al 22,1 per cento del totale nazionale (dal 2009 ad oggi si contano 15.656 imprese lombarde fallite). La seconda regione più colpita è il Lazio, con 1.164 imprese chiuse nel 2014 e un’incidenza sul totale italiano del 10,5 per cento. Segue la Campania con 966 casi e relativa incidenza dell’8,7 per cento. In difficoltà anche il Veneto con 933 fallimenti. Il commercio e l’edilizia sono i macrosettori più colpiti nei primi nove mesi del 2014: il primo con 3.340 fallimenti, mentre il secondo raggiunge i 3.022. E sulla non-ripresa dell’edilizia hanno pesato le nuove tasse sulla casa, agendo nel contempo da fattore stagnante e deprimente.

Ma l’indebitamento medio familiare, abbinato alla contrazione dei consumi, ha creato l’effetto stagflazione economica: ancora oggi risentiamo del periodo 2012-13, contrazione record dei consumi di -7,8% (fonte: Federconsumatori). Il risultato ha portato alla caduta complessiva della spesa delle famiglie di circa 56 miliardi di euro. Intanto la povertà ha colpito il 6,8 per cento delle famiglie e l’8 per cento degli individui. I poveri in senso assoluto si sono raddoppiati dal 2005 e triplicati nelle regioni del Nord (dal 2,5% al 6,4%). È quanto emerge dal quarto Rapporto sulla Coesione sociale presentato da Inps, Istat e ministero del Lavoro. E i senzatetto italiani sono tornati ai valori percentuali del quinquennio 1948-1953. E sono circa mille i suicidi d’incerta motivazione dal 2008 ad oggi, su 439 è ormai certa la motivazione legata alla crisi economica, e il fenomeno non conosce più differenze geografiche tra Sud e Nord del Paese.

I relatori parlano di maratona nazionale contro il sovraindebitamento, e sembra davvero una corsa contro il tempo, visto e considerato che nell’Ue c’è chi vorrebbe introdurre una tassa sull’esposizione debitoria col fine di ripianare il debito greco. Incertezza e debito sembrano davvero gli ingredienti di questo decennio, rievocando i fantasmi che trascinarono gli imperi centrali nel 1915-‘18. Non dimentichiamo quanti italiani scappano all’estero per debiti, ripercorrendo i passi di chi s’imbarcava da Napoli per le Americhe. Intanto qualcuno ci suggerisce che cent’anni fa a nessuno passava per la mente di suicidarsi per la mancanza di lavoro, ma l’Italia è cambiata. Tanto.

giovedì 2 luglio 2015

AECI - convegno sovraindebitamento - Nola

Si è svolto a Nola il Convegno organizzato dall'Associazione Europea Consumatori Indipendenti sul sovraindebitamento: tra i relatori presente anche il Presidente SICEA Dott. Ciro Lenti.

Guarda il video 


martedì 16 giugno 2015

CORSI D'AGGIORNAMENTO PER MEDIATORI PROFESSIONISTI - LE NUOVE DATE DA SETTEMBRE 2015

Ai sensi dell'art. 18, comma 2, lett. g, del D.M. 180/2010 i corsi di aggiornamento e specializzazione sono obbligatori per tutti coloro che, avendo già conseguito il titolo di Mediatore civile professionista, vogliono mantenere l'abilitazione professionale e devono essere frequentati entro i due anni successivi al conseguimento del titolo.

SICEA come ente di formazione accreditato presso il Ministero della Giustizia organizza periodicamente corsi di aggiornamento per mediatori professionisti presso le proprie sedi, aperti a tutti i mediatori civili e commerciali che deisderino mantenere la qualifica.

CALENDARIO CORSI DA SETTEMBRE 2015 

PISA - Via Santa Maria, 19 - 56126
venerdì 25 e sabato 26 settembre 2015


CASERTA - Via F. Daniele, 43 - 81100
venerdì 4 e sabato 5 dicembre 2015

ROMA - Via di Vigna Murata, 27/A - 00143
venerdì 20 e sabato 21 novembre 2015

Il percorso formativo si articola in 2 giornate, per un totale di 18 ore.

Contenuti del corso:

  • Decreto n.69/2013 convertito in L. 98/2013
  • Tecniche di negoziazione: focus on Negoziazione verso Enti pubblici, grandi organizzazioni e sistema bancario
  • Regolamento dell'organismo
  • Tecniche avanzate di mediazione
  • Quale futuro per la Mediazione
Al termine del corso verrà rilasciato un attestato di frequenza valevole ai sensi di legge.

Le iscrizioni ai corsi sono aperte on line al link http://www.sicea.info/it/formazione/corsi/1-corsi/2-corsi-di-specializzazione-e-aggiornamento-professionale-obbligatorio-per-mediatori-abilitati-2014






martedì 9 giugno 2015

CADE L'OBBLIGO DI TRE MESI COME DURATA MASSIMA DEL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE

La conciliazione non è vincolata alla durata di tre mesi.
Questa dice il tribunale di Roma con una sentenza che rimette in discussione i tempi entro cui si deve realizzare il tentativo di pacificazione, mettendo in chiaro che l’accordo di mediazione rimane valido anche qualora venga raggiunto fuori tempo.

 


Dopo la reintroduzione dell'obbligatorietà del ricorso alla mediazione per alcune tipologie di controversie, era stato deciso che qualsiasi tentativo di riavvicinamento tra le parti si sarebbe dovuto concludere entro il limite di tre mesi al massimo.

Così, per garantire un rapido svolgimento delle pratiche di mediazione, che non finissero per prolungare ulteriormente i tempi di arrivo a sentenza delle cause in gioco, era stato fissato come termine perentorio quello dei tre mesi.

Lo scorso 22 ottobre 2014, però, la VIII Sezione civile del tribunale di Roma ha stabilito che il limite dei tre mesi effettivi deve essere correlato alla condizione di procedibilità dell’azione di giudizio, con gli accordi che possono arrivare anche dopo la scadenza.

Allo stesso modo, quel termine non rappresenta un limite per la conclusione dell’accordo. 
Quello della mediazione rimane un istituto sempre percorribile dalle parti in causa, anche dopo la conclusione del trimestre, la quale, come detto, non è da intendersi in misura tassativa ma dipende dal contesto in cui le pratiche per lo svolgimento del processo.

Nel caso specifico, era stato aperto un tavolo di mediazione di comunione ereditaria, inizialmente concluso felicemente tramite un accordo sottoscritto da ambo le parti. Però una delle parti in causa, successivamente, ha cercato di annullare l’accordo ricorrendo in giudizio, chiedendo la nullità dell’atto di mediazione. Una domanda che è stata respinta dalla corte romana, la quale ha condannato la richiedente al pagamento delle spese legali pari a circa 65mila euro.


Leggi la sentenza

giovedì 21 maggio 2015

MEDIAZIONE ON LINE NELLE CONTROVERSIE TRANSFRONTALIERE IN MATERIA CIVILE E COMMERCIALE

In questi mesi sta venendo alla luce il progetto “Online Mediation in cross-border civil and commercial matters” (mediazione on line nelle controversie transfrontaliere in materia civile e commerciale): si tratta di un progetto finanziato dall’Unione europea che coinvolge cinque diversi ordinamenti (italia, Spagna, Inghilterra, Francia e Portogallo).

I partners del progetto sono alcune università dei vari Stati coinvolti ed i referenti nazionali sono docenti di queste università (esperti in diritto processuale civile, diritto dei consumatori, ADR, diritto civile e diritto commerciale).


Il progetto si prefigge due obiettivi:


1) Elaborare un codice europeo di condotta dei mediatori on line (eletronic – mediators) operanti nelle controversie transfrontaliere comunitarie. Questo codice dovrebbe contemplare i requisiti di accesso alla qualifica di mediatore, i diritti, gli obblighi e le responsabilità dei mediatori stessi.


2) Elaborare una proposta di normativa comunitaria sulla mediazione on line (in materia civile e commerciale) che preveda un sistema di risoluzione stragiudiziale delle controversie efficiente e al contempo rispettoso delle garanzie processuali.

La proposta dovrebbe servire ad integrare e standardizzare la normativa comunitaria sulla mediazione (anche on line) vigente attualmente in Europa (direttiva UE n. 11/2013 sulle ADR e il regolamento UE n. 514/2013 sull’ODR) il cui ambito di applicazione è limitato ai consumatori.

Tutte le informazioni relative al progetto (incluso un database di leggi, dottrina, giurisprudenza) sono consultabili sul sito: http://www.emedeuproject.eu/

Al fine di elaborare delle proposte che tengano conto delle esigenze dei vari Stati e dei possibili fruitori (anche avvocati) della E-mediation, è stato predisposto dai partners del progetto un questionario da far girare in ciascun ordinamento. Il questionario contiene una serie di domande relative alla conoscenza della mediazione on line da parte dei potenziali utenti ed altre domande volte a raccogliere le opinioni degli intervistati sul tema (in particolare su quale dovrebbe essere il modello di mediazione on line e su come dovrebbe essere regolata la figura dell’e-mediator).








giovedì 30 aprile 2015

giovedì 9 aprile 2015

NEGOZIAZIONE ASSISTITA E MEDIAZIONE: PRECISAZIONI TECNICHE



Mediazione e negoziazione, entrambi facenti parte dei sistemi di ADR, non sono strumenti alternativi l'uno all'altro ma possono convivere all'interno di una medesima controversia;

Entrambi gli istituti possono essere facoltativamente utilizzati dalle parti per risolvere la controversia insorta;

Vi sono situazioni tassativamente individuate nelle quali il ricorso all'uno o all'altro istituto è previsto quali condizione di procedibilità della domanda giudiziale;


Non vi è pericolo di sovrapposizione, stante l'espressa previsione di cui all'art. 3, comma 1, del d.L. 132/2014;


Nelle materie in cui la mediazione è prevista quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale le parti ben possono esperire preliminarmente un tentativo di negoziazione assistita;


Il previo esperimento (facoltativo) di una negoziazione assistita non fa venir meno l'obbligatorietà della mediazione, nei casi in cui essa è prevista come tale, non potendo dirsi avverata la condizione di procedibilità della domanda giudiziale.


giovedì 19 marzo 2015

LA MEDIAZIONE AIUTA LA GIUSTIZIA: CON L'EFFETTIVO SVOLGIMENTO C'E' ACCORDO NEL 40% DEI CASI

Riproponiamo un interessante articolo pubblicato in data 5 marzo da Italia Oggi a cura dell'UNIONE NAZIONALE GIOVANI DOTTORI COMMERCIALISTI ed ESPERTI CONTABILI.

La mediazione civile, fin dalla sua nascita, ha conosciuto diverse vicissitudini che ne hanno bloccato la diffusione, l’evoluzione e il ruolo deflattivo del contenzioso civile che il legislatore aveva voluto attribuirle.
La Commissione «Mediazione, Arbitrato e Riforma della giustizia» dell’Unione nazionale giovani commercialisti ed esperti contabili conduce in modo continuo riflessioni attente sullo stato della Mediazione civile in Italia, rilevando dei recenti risultati positivi nella prassi giurisprudenziale.
Nelle cause civili le motivazioni del contendere, molto spesso, non si fermano al solo aspetto giuridico delle liti, ma nascondono motivazioni emotive e personali di ciascun individuo. Il mediatore è chiamato al difficile lavoro di far giungere le parti a un accordo soddisfacente per tutti, affrontando ostacoli a volte più complessi della sola pretesa economica legata all’esito
della procedura e nella più completa imparzialità.
I numeri della mediazione, però, dimostrano che, molto spesso, al mediatore non viene concessa neanche la possibilità di aprire un dialogo tra le parti; tra fase di incontro preliminare, verbali negativi e assenza delle parti l’istituto viene visto come un ulteriore e fastidioso passaggio burocratico prima di far giungere la causa in tribunale. Tuttavia, a favore dell’effettivo svolgimento della mediazione, sembrano esprimersi diversi giudici di primo grado con alcune ordinanze che prevedono, nella mediazione delegata dal giudice, la presenza delle parti in causa (e non solo degli avvocati che le rappresentano), e un tentativo effettivo di mediazione, non soltanto un primo incontro preliminare svuotato di ogni significato, durante il quale il mediatore deve spiegare agli avvocati l’istituto della mediazione (che già dovrebbero ben conoscere), dopo che il giudice ha già valutato la potenziale mediabilità di quella controversia.

Tale orientamento è stato abilmente tracciato dal Tribunale di Firenze con diverse ordinanze, tra le quali spicca quella del 19 marzo 2014, a firma del giudice Luciana Breggia, nella valutazione di una lite in materia condominiale. Qui il giudice precisa alle parti che esistono «due importanti profili da osservare affinché l’ordine del giudice possa ritenersi correttamente eseguito (e la condizione di procedibilità verificata):
1) la mediazione deve svolgersi con la presenza personale delle parti;
2) l’ordine del giudice di esperire la mediazione ha riguardo al tentativo di mediazione vero e proprio».
Le motivazioni che sottostanno a queste affermazioni sono molteplici. In primo luogo gli avvocati, definiti dalla stessa legge «mediatori di diritto», conoscono già bene la natura
della mediazione e le sue finalità.
Non avrebbe senso imporre un incontro fra mediatore e avvocati per un’informativa su un argomento a tutti già ben noto.
La mediazione, poi, ha lo scopo di riattivare la comunicazione fra le parti. Appare evidente che, affinché ciò avvenga, queste debbano essere presenti e non soltanto rappresentate dai loro difensori. Ritenere, infine, che la condizione di procedibilità sia assolta da un primo incontro in cui il mediatore si limiti a chiarire le funzioni e le modalità di svolgimento della mediazione, significa «ridurre ad un’inaccettabile dimensione notarile il ruolo del giudice, quello del mediatore e quello dei difensori».

Queste considerazioni vengono sottolineate anche dall’ordinanza del 21 gennaio 2015 del giudice Ranieri del Tribunale di Roma. Qui, in una vertenza in materia di locazione, il magistrato ha disposto la «celebrazione» dell’incontro, ammonendo che nella «eventuale udienza» si sarebbe discusso, nel merito, dei temi concretamente affrontati nella mediazione e
dell’esito della stessa, da illustrare e sottoscrivere nel verbale di mediazione. Il giudice,
inoltre, ha segnalato come la mediazione obbligatoria preveda la irrogazione di sanzioni economiche per eventuali comportamenti non leali e non corretti tenuti in sede di mediazione.

La mediazione, lasciata a se stessa, richiede tempi lunghi per affermarsi, si tratta di un cambiamento culturale e, come tale, ha bisogno di «tempo e pazienza». Ordinanze come quelle del Tribunale di Firenze aiutano ad accelerare questo processo e le accogliamo
positivamente, per il ruolo propulsivo che possono avere nell’affermazione della cultura
della mediazione.

Un maggior equilibrio tra giurisdizione e mediazione non può che giovare all’una e all’altra.
Se il sistema della mediazione funzionerà, meglio anche la giustizia civile. E la giustizia civile
può aiutare la mediazione a funzionare più correttamente.
La mediazione demandata dal giudice è una forma di conciliazione che si inserisce in un processo già instaurato, dove il giudice invita le parti a risolvere la lite con l’aiuto di un mediatore. Deve esserci, da parte del giudice, una valutazione concreta della lite e il giudice deve essere consapevole del modo in cui la parte percepisce il conflitto. Per questi motivi appare necessario a chi scrive che anche i giudici debbano essere adeguatamente formati. La cultura della mediazione deve estendersi a tutti i soggetti coinvolti. Non è una questione che riguarda soltanto i mediatori ma riguarda tutti i protagonisti del processo. La formazione diventa essenziale, su di essa si fondano le garanzie di neutralità, imparzialità e riservatezza del mediatore, della competenza dei consulenti che accompagnano le parti, della sensibilità del giudice nella selezione dei casi nei quali la mediazione può essere utile.
E deve essere formazione per tutti, mediatori, avvocati e giudici.
 
A supporto di questa tesi è utile osservare lo studio promosso dall’Osservatorio sulla giustizia civile di Firenze e dal Luam, il Laboratorio congiunto di ricerca «Negoziazione e mediazione dei conflitti per le imprese e per le organizzazioni complesse Un altro mondo» che, all’interno del «Progetto Nausicaa2», ha cercato di costruire un percorso che potesse dare piena effettività alla mediazione demandata dal giudice nel corso del processo.
Si tratta di un monitoraggio completo e puntuale. I magistrati che hanno aderito al progetto hanno potuto usufruire del supporto operativo e scientifico degli stagisti dell’Università di Firenze che hanno analizzato 2.753 fascicoli, ritenendo mediabili 1.122 controversie. I giudici hanno disposto, quindi, inviti/ordini di mediazione per 507 ordinanze.
L’83% di tali procedure è stato depositato in mediazione, di queste la percentuale di procedure svolte o in corso di svolgimento al termine del periodo di osservazione si attesta intorno al 56%. È stato dimostrato come, in presenza di effettivo svolgimento della mediazione, ben il 40% delle procedure giunga ad un accordo.
Lo studio avvalora, poi, la tesi di come il ricorso alla mediazione generi un effetto deflattivo «indiretto» sulle procedure civili anche se non si giunge all’accordo: il 28% circa delle liti che dovrebbero ritornare in tribunale per proseguire il processo, dopo il tentativo di mediazione, risultano cessate. Questo significa che, probabilmente, la mediazione ha messo in moto dei meccanismi comunicativi che hanno portato comunque alla cessazione della materia del contendere. E anche di questo il legislatore dovrebbe tenere conto nella fase di analisi dei risultati prodotti dalla mediazione come strumento deflattivo del contenzioso civile, essendo il dato certamente non trascurabile.
Anche altri tribunali di primo grado sembrano accogliere positivamente il ricorso alla mediazione delegata; a tal proposito si segnala l’ordinanza del Tribunale di Monza, a firma del presidente della I Sezione civile, dott. Litta Modignani, del 20 ottobre 2014, nella quale il Tribunale non si limita a ordinare la mediazione, bensì stabilisce che «le parti dovranno essere presenti dinanzi al mediatore personalmente e con l’assistenza legale di un avvocato iscritto all’Albo» e, inoltre, precisa che «per mediazione disposta dal Giudice» si intende che il tentativo di mediazione sia effettivamente avviato e che le parti, anziché limitarsi al formale primo incontro, adempiano effettivamente all’ordine del giudice, partecipando alla conseguente procedura di mediazione».

Accanto a tutti i risvolti positivi fin qui segnalati, si vuole sottolineare anche che il legame fra mediazione e processo nasconde in sé anche dei «pericoli»: si corre il rischio di arrivare a una eccessiva burocratizzazione e proceduralizzazione della mediazione che la snaturerebbe, rendendo difficoltoso il raggiungimento degli obiettivi ad essa preposti. E questo non è accettabile. Affinché ciò non avvenga è necessario che i giudici abbiano una chiara conoscenza dell’istituto, dei suoi strumenti e delle sue potenzialità, non andando a chiedere ai mediatori qualcosa che essi non possono dare.
I mediatori svolgono una funzione molto delicata, non sono giudici né, tantomeno, loro ausiliari ed è proprio qui che si annida il pericolo di un’eccessiva formalizzazione e giurisdizionalizzazione della mediazione. La mediazione riconosce alle persone la capacità di diventare autrici della risoluzione dei conflitti che le riguardano. La mediazione non risolve le controversie ma i conflitti sottostanti ad esse, per questo ci piace definirla una forma di «Giustizia Alta», una giustizia più umana e accessibile.
Questo punto deve essere chiaro al giudice che voglia avvicinarsi alla cultura della mediazione e per farlo dev’essere anch’egli formato correttamente.
Affinché i mediatori possano svolgere il loro ruolo nel modo migliore possibile, devono essere anch’essi adeguatamente formati e, affinché lo siano e siano spronati ad esserlo sempre e a migliorarsi, è necessario che non svolgano questo ruolo in modo quasi gratuito. Deve essere riconosciuto il valore del lavoro che essi svolgono che deve essere retribuito in modo adeguato.

L’obiettivo che la Commissione «Mediazione, Arbitrato e Riforma della giustizia» dell’Unione nazionale giovani dottori commercialisti ed esperti contabili si pone, a partire dall’esperienza delle ordinanze già esistenti (e che si augura possano costituire un esempio anche per altri
Tribunali) e dei risultati che dimostrano la validità e l’utilità della mediazione, è quello di sensibilizzare i soggetti che operano ai livelli locali per intraprendere l’attività di promozione della mediazione nei tribunali tra i giudici e negli ordini professionali tra gli iscritti, con l’obiettivo di aumentare la qualità della giustizia e ridurre i tempi di svolgimento dei giudizi stessi, per accelerare quel cambiamento culturale di cui la mediazione è portatrice.

A cura della Commissione
studio UNGDCEC
«Mediazione, Arbitrato,
Riforma della Giustizia»

mercoledì 21 gennaio 2015

CORSI DI AGGIORNAMENTO PER MEDIATORI PROFESSIONISTI: CALENDARIO 2015

Aperte le iscrizioni on line ai CORSI DI AGGIORNAMENTO per MEDIATORI PROFESSIONISTI DI SICEA S.p.A.I corsi di aggiornamento e specializzazione sono obbligatori per tutti coloro che, avendo già conseguito il titolo di Mediatore civile professionista ai sensi del D.M. 180/2010, vogliono mantenere l'abilitazione professionale e devono essere frequentati entro i due anni successivi al conseguimento del titolo.


http://www.sicea.info/it/formazione/corsi/1-corsi/2-corsi-di-specializzazione-e-aggiornamento-professionale-obbligatorio-per-mediatori-abilitati-2014

Queste le prime date in programma:

Venerdì 27 e sabato 28 febbraio a Sassuolo

Venerdì 27 e sabato 28 marzo a Fermo

Venerdì 22 e sabato 23 maggio a Castelfranco Veneto

Venerdì 25 e sabato 26 settembre a Pisa


DETTAGLI CORSI

ENTE DI FORMAZIONE: SICEA S.p.A.

DURATA
: 18 ore

DOCENTE: Prof. Ciro Lenti

OBIETTIVI: I corsi di aggiornamento, con frequenza obbligatoria di 18 ore, sono volti a fornire ai Mediatori professionisti le conoscenze necessarie al loro aggiornamento professionale e alla loro specializzazione nelle principali materie nell'ambito della mediazione civile, ai sensi dell'art 18 Dlgs 28/2010.La frequenza al corso è valida ai fini del mantenimento dell'iscrizione alle liste di conciliatori degli organismi societari e camerali.
REQUISITI: Il corso si rivolge a tutti i laureati (anche laurea breve triennale) in qualsiasi materia o professionisti iscritti ai rispettivi albi o collegi professionali, che abbiano già acquisito il titolo di mediatore/conciliatore professionista.

PROGRAMMA:
Il percorso formativo si articola in 2 giornate, per un totale di 18 ore.

    Decreto n.69/2013 convertito in L. 98/2013

    Tecniche di negoziazione: focus on Negoziazione verso Enti pubblici, grandi organizzazioni  e sistema bancario

    Regolamento dell'organismo

    Tecniche avanzate di mediazione

    Quale futuro per la Mediazione

COSTO
: 150,00€ i.e.

Al termine del corso verrà rilasciato un attestato di frequenza valevole ai sensi di legge.

martedì 13 gennaio 2015

LE SOLUZIONI POSSIBILI ALLA CRISI D'IMPRESA

Non tutte le crisi aziendali sono uguali ed anche le soluzioni per il loro superamento non possono essere uguali. La soluzione alla crisi d’impresa va scelta tenendo conto di molteplici fattori, oltre che delle condizioni normative previste per l’accesso ai diversi strumenti di superamento della crisi d’impresa.

La prima scelta da fare è tra l’adozione di una soluzione di tipo manageriale o una di natura concorsuale.
Nel caso in cui non si rendesse praticabile una soluzione di tipo manageriale, l’imprenditore sarà chiamato a scegliere, nell’ambito delle procedure concorsuali, se adottare una soluzione concorsualeextragiudiziale (ossia senza passare per il Tribunale), oppure di tipo giudiziale.
Volendo semplificare la scelta è tra la procedura del piano di risanamento da una parte, e le procedure dell’accordo di ristrutturazione dei debiti e del concordato preventivo dall’altra.

La prima soluzione (piano di risanamento) è preferibile nei casi in cui si registra la presenza di un passivo contenuto (sia in termini assoluti, sia in relazione al patrimonio complessivo), e la scarsa propensione dei creditori ad avviare azioni esecutive.


La soluzione giudiziale
Se la definizione di un piano di risanamento risultasse praticabile, la successiva scelta dovrà focalizzarsi tra l’accordo di ristrutturazione dei debiti (ex. art. 182-bis LF) e il concordato preventivo (artt. 160 e seguenti della LF).
Queste due soluzioni giudiziali presentano varie affinità: identiche condizioni di accesso ed in entrambe le procedure occorre presentare una domanda in Tribunale, i cui contenuti sono sostanzialmente gli stessi, come dimostra il fatto che l’art. 182-bis della Legge Fallimentare, relativo all’accordo, rinvia, per questo aspetto, all’art. 161, che disciplina la domanda del concordato preventivo.

L’accordo di ristrutturazione dei debiti
è tuttavia una soluzione da preferire quando la crisi, pur essendo grave, è ancora abbastanza gestibile, tanto che è possibile soddisfare integralmente fino al 40% dei propri debiti, requisito non richiesto nella procedura del concordato preventivo.
Un altro elemento da considerare riguarda la volontà dell’imprenditore in crisi di continuare ad impegnarsi nell’azienda in difficoltà, o, in ogni caso, di gestirla personalmente. Se vi è questa volontà, allora la scelta deve ricadere sull’accordo di ristrutturazione dei debiti, visto che con il concordato preventivo la nomina di un commissario giudiziale toglie inevitabilmente autonomia all’imprenditore in crisi.
Ulteriori aspetti che possono rendere preferibile il ricorso all’accordo di ristrutturazione dei debiti sono rappresentati dalla presenza di un numero limitato di debitori, la possibilità di procedere al pagamento di almeno il 40% dei debiti…

Quand’anche il ricorso alle soluzioni concorsuali giudiziali non abbia avuto successo (oppure non si è ritenuto di utilizzarle), e lo stato di scarsa liquidità dell’impresa in crisi è diventato tale da portare l’azienda al fallimento, allora non resta che avvalersi, se vi sono le condizioni, delle soluzioni previste dalla procedura fallimentare, scegliendo tra:
- concordato fallimentare;
- esercizio provvisorio dell’azienda nell’ambito della procedura fallimentare;
- affitto dell’azienda nell’ambito della procedura fallimentare;
- vendita dell’azienda nell’ambito della procedura fallimentare.